Il Robin Hood dell'Isola

Tutti conoscono Robin Hood, ma non tutti sanno che anche a Milano c’era un uomo che s’ispirava al principe dei ladri. Lo chiamano il Robin Hood dell’Isola, perché nel 1945 proprio in quel quartiere, oggi zona di movida e case di lusso, Ezio Barbieri agiva con la sua banda assaltando banche, industriali e, in generale, tutti coloro che avevano speculato sulla guerra. E infatti, Barbieri distribuiva una grossa del bottino alla gente dei quartiere, per aiutarla in quel periodo di grossa crisi post bellica. Da qui il soprannome Robin Hood. 

Ezio Barbieri era un criminale, certo, ma uno di quelli "gentiluomo" che usava poco le armi e molto più stratagemmi e infatti arrivava sempre prima di tutte le altre bande della Ligera di Milano per non trovare casse vuote, e usava anche molto l’ironia. La sua era chiamata la Banda dell’Aprilia, perché per tutti i suoi colpi usava una Lancia Aprilia targata 777, proprio il numero di telefono della questura.

A volte riusciva a sfuggire alla polizia perché era travestito, altre volte scappava appena arrivavano e strizzava l’occhio come per dire “anche stavolta non mi avrete”. Un vero personaggio per quell'epoca in cui a Milano c’era la fame e il mercato nero fruttava molti soldi a pochi ed è per questo che Barbieri svaligiava i depositi per poi distribuire tutto al quartiere.

Si racconta che il giorno in cui fu catturato, una delle guardie che lo avevano arrestato gli disse “mi dispiace, ma devo farlo”. E Barbieri chiese, se prima di essere portato fuori in manette, si sarebbe potuto pettinare e sistemare la giacca, perché sapeva di essere un personaggio e di avere una grande claque. D’altronde, nei vicoli dell’Isola, molti lo proteggevano e lo nascondevano quando era inseguito dalla polizia. Del suo arresto è stata scattata una storica foto che testimonia come davvero, probabilmente, si fosse preparato per l’occasione.

Il Robin Hood dell’Isola fu portato in prigione a San Vittore da cui evase diverse volte ma sempre per poco fin tanto che divenne protagonista della più grande rivolta carceraria del secondo dopoguerra, la cosiddetta Pasqua Rossa di San Vittore.

Per i suoi crimini, fu condannato a trent’anni trascorsi nei peggiori penitenziari d’Italia. Ne uscì solo nel 1971 e si stabilì in Sicilia.